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Arbitrato Rituale Cosa è Come Funziona| aivm.it

Che cos’è l’arbitrato rituale? Cerchiamo di spiegare questa procedura che non è sempre chiara.


Che Cos’è L’Arbitrato Rituale?

L’arbitrato rituale è un metodo di risoluzione delle liti civili e commerciali, alternativo al ricorso al giudice, previsto dal Codice di Procedura Civile (artt. 806 e seguenti).

Le parti possono rivolgersi, infatti, ad un arbitro che deciderà la lite con un lodo arbitrale, al quale la legge riconosce lo stesso valore di una sentenza.

Durante la procedura, le parti non sono obbligate a farsi assistere da un avvocato, tuttavia questo è vivamente consigliato.

Perché Scegliere L’Arbitrato Rituale?

La risoluzione della lite tramite arbitrato comporta alcuni vantaggi.

In primo luogo di tipo economico, perché si paga solo il compenso dell’arbitro (o degli arbitri, se più di uno), ma non si deve pagare alcuna tassa, come invece avviene per il processo civile.

In secondo luogo, l’arbitrato consente di risolvere la controversia in tempi molto più rapidi rispetto a quelli di una causa civile, con la possibilità di attenuare i conflitti tra le parti.

Infine, la riservatezza del procedimento di arbitrato permette di mantenere segrete alcune informazioni particolarmente sensibili e importanti.

Quando è Possibile Ricorrere All’Arbitrato Rituale?

È possibile utilizzare l’arbitrato per le liti che riguardano un diritto disponibile, cioè un diritto che può essere venduto, ceduto, donato oppure al quale si può rinunciare; alcuni esempi sono il diritto di proprietà e i diritti di credito.

Inoltre, è necessario che non ci sia un espresso divieto di legge che impedisca il ricorso all’arbitrato con riferimento a quella specifica lite.

Come Si Fa?

Innanzitutto, per poter utilizzare l’arbitrato, le parti devono essere entrambe d’accordo.

Più di frequente, l’obbligo di ricorrere all’arbitro è stabilito in via preventiva tramite l’inserimento di una specifica clausola all’interno del contratto stipulato tra le parti, che prende il nome di clausola arbitrale (art. 808 c.p.c.).

Con essa si stabilisce che per le future ed eventuali liti che riguardano l’esecuzione o l’interpretazione del contratto, le parti dovranno rivolgersi direttamente all’arbitro (o agli arbitri).

Tuttavia è possibile ricorrere all’arbitro anche quando la lite è già sorta e per motivi diversi dall’esecuzione o interpretazione del contratto.

In queste ipotesi, le parti firmano un accordo scritto che prende il nome di compromesso (art. 807 c.p.c.).

L’Arbitro

L’arbitro è il soggetto al quale è affidata la decisione della causa.

Si tratta di un soggetto privato – e non di un giudice – nei confronti del quale le parti hanno fiducia ed esperto nelle materie giuridiche che riguardano la lite.

La legge non prevede requisiti professionali per gli arbitri, ma è necessario che questi abbiano la capacità legale di agire (art. 812 c.p.c.).

La Nomina Degli Arbitri

Gli arbitri possono essere uno o più di uno, purché sempre in numero dispari. Se sono più di uno, formano il collegio arbitrale, all’interno del quale viene scelto un Presidente.

Le parti possono nominare direttamente gli arbitri, indicando il loro nome nella clausola arbitrale o nel compromesso, oppure stabilire il numero di arbitri e le modalità di nomina di essi.

Gli arbitri devono accettare l’incarico per iscritto, sottoscrivendo il compromesso oppure il verbale della prima riunione. (art. 813 c.p.c.). 

Chiusura Della Procedura: Il Lodo Arbitrale

Gli arbitri decidono la lite in base alle norme di legge e per questo motivo prende il nome di arbitrato rituale.

Se le parti non stabiliscono un termine di comune accordo per la decisione della lite, questa deve essere presa entro 240 giorni dall’accettazione della nomina, come previsto dall’art. 820 c.p.c.

Tale termine può essere prorogato laddove si verifichi una delle condizioni indicate dal medesimo articolo.

La decisione è presa a maggioranza e con la partecipazione di tutti gli arbitri. Questa prende il nome di lodo arbitrale.

È redatto per iscritto in uno o più originali e produce gli stessi effetti di una sentenza del giudice a partire dalla data della sua ultima sottoscrizione (art. 824 bis c.p.c.).

Per altre definizioni, continua a seguire il nostro glossario giuridico.

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