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Carcerazione Preventiva: Riflessioni

La riflessione dell’editorialista del Corriere della Sera, Piero Ostellino, sulla carcerazione preventiva.

La necessaria riforma della custodia cautelare
Forse — forse, ma non si sa quando e con quali tempi — il Parlamento discuterà la riforma dell’istituto della Carcerazione in attesa di giudizio, chiamato benevolmente «custodia cautelare», un’autentica vergogna perii nostro Paese E il suo sistema giudiziario, riducendone i tempi o eliminandolo del tutto. Dunque, se la magistratura, come già ha fatto in passato, non vi si opporrà — perché, era stata la scandalosa motivazione, l’eventuale modificazione della custodia cautelare nuocerebbe alle indagini  Malia, a quasi quattro secoli dalla sua approvazione da parte del Parlamento inglese, scoprirà l’Habeas corpus e lo inserirà, per la parte relativa, nelle sue leggi.

Forse (forse) la custodia cautelare non sarà più la ruota medievale con la quale certi magi-strati cercano di strappare una confessione qualsiasi ai propri in-quesiti per giustificare il proprio arbitrario giudizio. • La notizia è uscita, non si sa quanto casualmente, insieme a quella del ministro della Giustizia che sarebbe intervenuto per favorire la scarcerazione della signora Giulia Ligresti; che, già ammalata, rischiava di morire in carcere».

Per giorni, le prime pagine dei media hanno discusso se l’intervento della signora Cancellieri — ora assolta dal Parlamento non per aver sollevato, ancor-ché surrettiziamente, un problema generale di civiltà del diritto, ma ad evitare una crisi di governo — fosse, o no, legittimo. Non un solo media ha scritto che un ,I 13 ministro della Repubblica aveva detto che di «custodia cautelare», da noi, si può (anche) morire ed Un problema era intervenuto, non ufficialmente, al telefono e a titolo personale, che riguarda per evitare, come si usa nelle re-centinaia di pubbliche delle banane, la morte inquisiti e di «un’amica di famiglia».

Non fosse mai che, parlando di custodia cautelare, certa magistratura potesse adombrarsene! Così, un problema che riguarda centinaia di inquisiti e carcerati in attesa di giudizio, in buona o cattiva salute che siano, è stato dirottato sul binario morto del bla-bla politichese.

Si dice che la magistratura —sulla base della kelseniana dottrina formalistica del diritto e dello Stato—si limita, correttamente, ad applicare la legge. Ma il positivismo — l’estensione alle scienze sociali dello scientismo, teorizzata nell’Ottocento da Saint Si-mon e da Comte, non propriamente due grandi liberali — è stato, nelle me varie accezioni, compresa quella giuridica, la dottrina dei totalitarismi del Novecento e, perciò, la giustificazione che I magistrati compromessi col nazismo avevano accampato, nel dopoguerra, per le loro sentenze liberticide. Il difetto sta, allora, nel manico.

Nella legislazione. Che, in Italia, rimane fondamentalmente quella del «secolo breve», dei totalitarismi, che aveva riproposto la «romantizzazione della scienza», come sola conoscenza e unica morale, ereditate dall’ubriaca-tura razionalistica e romantica dei secoli Diciottesimo e Diciannovesimo. Un pizzico di illuminismo (scozzese), empirico e scettico, nell’insegnamento delle nostre scuole, non guasterebbe.

postellino@corriere.it

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