Documentario della radio nazionale tedesca ARD sulla malagiustizia in Italia.
Ecco i due links al documentario:
- http://www.deutschlandfunk.de/italien-justiz-unter-beschuss.724.de.html?dram:article_id=304412
- http://www.tagesschau.de/ausland/justiz-italien-101.html
Traduzione senza impegno, fa fede il testo in lingua originale.
Breve estratto dell’intervista
Enormi Pressioni sulla Giustizia
Nino di Matteo: “Una cosa è certa, le minacce e le pressioni esercitate su di me e su alcuni miei colleghi, che si occupano delle stesse questioni, provengono dal mondo della mafia e da quegli ambienti che non possono dirsi apertamente mafiosi (lettere anonime o di minaccia), ma che sembra facciano parte di cerchie istituzionali o semi-istituzionali.
E se la realtà per Di Matteo è così cruda, il sostituto procuratore antimafia di Palermo è convinto dell’esistenza di questa enorme pressione, che negli ultimi anni sta schiacciando sempre più la giustizia italiana. Secondo la costituzione, la giustizia è una delle colonne portanti di uno stato democratico, una colonna che in Italia è andata via via sgretolandosi, anche con il contributo della politica.
Trovare qualcuno in Italia che vada contro la giustizia, i giudici o i magistrati non è per nulla facile. A Milano ad esempio, Mario Caizzone ha fondato l’Associazione italiana vittime della Malagiustizia.
Caizzone è un combattente, lo si capisce dalla sua statura imponente e dal suo sguardo inquisitore, ma anche dagli atti del suo processo. Caizzone è un commercialista, che nel corso della sua attività di consulente fiscale si è scontrato con la guardia di finanza, la quale durante un accertamento fiscale ad una delle società da lui seguite, avanzò una richiesta in denaro. Caizzone venne sottoposto ad un lungo processo con l’accusa di diffamazione per avere denunciato il fatto. “La procedura si aprì nel 1994. Nel 1998 chiesi di essere sottoposto al processo. Avevo diritto ad una procedura senza udienza preliminare e ne feci ufficiale richiesta nel periodo di Natale del 1994.
Il processo è iniziato nel 2005. Dopo il primo grado di giudizio, dopo circa 20 anni, il tutto è caduto in prescrizione. Non avendo io però alcuna responsabilità ho rinunciato alla prescrizione; ciò nonostante, il tutto è durato 22 anni”.
Ho perso tutto
La questione si è conclusa soltanto all’inizio di quest’anno con una assoluzione completa. Caizzone ne è fiero, ma in tutti questi anni ha dovuto investire migliaia di Euro per pagare gli avvocati per sostenere 5 processi, non ha potuto lavorare per anni, la sua vita è stata distrutta pur essendo lui palesemente innocente.
Mario Caizzone: “ Ho perso il lavoro. Avevo uffici a Milano e Roma, li ho persi. Ho dovuto chiudere. Sono stato quattro mesi ai domiciliari, senza motivo. Ho perso gli amici. Ho resistito per 20 anni solo grazie alla famiglia, che mi ha generosamente sostenuto. Altri non ce l’avrebbero fatta. Il giorno del rinvio a giudizio, i clienti mi hanno lasciato ed ho dovuto licenziare i miei collaboratori. Mi hanno distrutto la vita”.
Caizzone può comprendere perfettamente Silvio Berlusconi e le sue plateali esternazioni sulla giustizia italiana, pur imputandogli il fatto di non aver cercato di migliorarla quando ne ebbe la possibilità in qualità di Presidente del Consiglio. Il fatto che la Giustizia italiana sia tutt’altro che efficiente non lo dice soltanto Caizzone ma anche uno studio del Consiglio d’Europa che ha preso in esame la situazione in 40 paesi.
In nessun paese d’ Europa la procedura di dichiarazione di fallimento dura così a lungo, in media 2,648 giorni, ovvero circa 7,5 anni. Può succedere che aziende che attendono questi soldi dai debitori falliscano a loro volta.
Per arrivare al giudizio di un processo penale passano in media 4 anni e 9 mesi. Queste cifre sono ben note all’Associazione Vittime di Malagiustizia di Milano a cui si sono già rivolti più di 1000 soggetti disperati, che si sentono a tutti gli effetti vittime della giustizia.
Mario Caizzone: “ il sistema giuridico italiano funziona solo per chi è benestante e si può quindi permettere un buon avvocato. Chi non può è un debole. Il sistema è forte contro i deboli e debole con i potenti”
Intervista integrale:
Giustizia sotto Tiro
La condizione della giustizia italiana è desolante. L’autorità pubblica ne ha sofferto parecchio nell’era del Presidente del Consiglio Berlusconi, le pene spesso non vengono applicate ed alcuni giudici sono sotto l’influenza costante della mafia
Io sono innocente!
Silvio Berlusconi, a tutt’oggi il Presidente del Consiglio più a lungo in carica nell’Italia moderna, si ritiene innocente, non colpevole, sebbene nell’estate del 2013 sia stato pesantemente condannato come evasore. Nei 20 anni in cui ha calcato le scene della politica italiana fino ad oggi, si è scagliato contro giudici e magistrati, definendoli “piaghe cancerose” o ”metastasi della democrazia”. Ciò ha influenzato parecchio il rapporto tra il cittadino italiano e la giustizia.
Secondo i sondaggi, meno della metà della popolazione si fida della giustizia, inoltre, la quasi totalità è del parere che il sistema debba funzionare meglio.
Quanto sia difficile la ricerca della verità lo si può percepire proprio a Palermo. Qui ha sede la cosiddetta “aula bunker”una enorme sala processuale con i massimi livelli di protezione. In quest’aula si sono svolti negli anni ‘80 del novecento i più importanti processi di Mafia; in questi giorni ci si chiede se negli anni ‘90 i rappresentati dello stato non abbiano avuto contatti con la mafia. Forse c’era un accordo? Meno persecuzioni da parte delle autorità in cambio di meno morti per mafia? In questo processo, lo stato italiano si è quasi auto convocato sul banco degli imputati. Il procuratore capo è Nino di Matteo, 53 anni, brizzolato, grande esperienza come procuratore anti-mafia. Da tempo non può più spostarsi liberamente ed intervistarlo è stata una impresa tutt’altro che facile. “Vivo da più di 20 anni con la scorta. Sono molto riconoscente alle persone che mi hanno protetto e che lo fanno ancora, ma quando una vita del genere diventa, come nel mio caso, così vincolante si fanno delle riflessioni. In alcuni momenti si vive con molte più limitazioni dei mafiosi ed inoltre ci si chiede se sia giusto che le persone vicine, i familiari, siano soggette alle nostre stesse restrizioni della libertà personale.”
Minacce concrete
Le minacce contro Di Matteo sono molto concrete. Il suo responsabile ha trovato nuovamente un foglietto sulla scrivania del suo ufficio nel controllatissimo Palazzo di Giustizia di Palermo; sul foglietto vi era scritto: Ti faremo fuori ovunque! Le registrazioni delle videocamere che sorvegliano i suoi uffici, sono stranamente scomparse e di quel lasso di tempo non resta nulla, un problema tecnico, si dice. Lo stesso Di Matteo è stato minacciato da Totò Riina, leggendario boss di Cosa Nostra. Dalla prigione ha dato il suo ordine “ deve fare la fine del tonno”, deve essere messo alle corde, fatto fuori. La paura di venire ucciso appartiene alla sua vita di procuratore. Di Matteo : “se negassi di avere paura non sarei onesto. Il timore mio e della mia famiglia di essere soggetti a ritorsioni è umano e spesso mi capita. Paolo Borsellino diceva. “Il coraggio non è l’assenza della paura, ma la certezza che esistono sentimenti che ti permettono di superarla. Il lavoro che svolgiamo ed il rispetto che portiamo per i molti colleghi che sono stati uccisi, ci costringono ad andare avanti senza farci intimidire dalla paura”. A Paolo Borsellino, suo predecessore a Palermo, il coraggio non è servito, fu ucciso nel 1992 da una autobomba piazzata davanti alla casa di sua madre e con lui morirono cinque agenti scorta. Vi è la preoccupazione che ritorni la stagione degli attentati; questo anche per il processo di Palermo in cui Nino Di Matteo rappresenta la pubblica accusa e che lo mette in serio pericolo. Le pressioni vengono esercitate su due fronti.
Enormi Pressioni sulla Giustizia
Nino di Matteo: “Una cosa è certa, le minacce e le pressioni esercitate su di me e su alcuni miei colleghi, che si occupano delle stesse questioni, provengono dal mondo della mafia e da quegli ambienti che non possono dirsi apertamente mafiosi (lettere anonime o di minaccia), ma che sembra facciano parte di cerchie istituzionali o semi-istituzionali.” E se la realtà per Di Matteo è così cruda, il sostituto procuratore antimafia di Palermo è convinto dell’esistenza di questa enorme pressione, che negli ultimi anni sta schiacciando sempre più la giustizia italiana. Secondo la costituzione, la giustizia è una delle colonne portanti di uno stato democratico , una colonna che in Italia è andata via via sgretolandosi, anche con il contributo della politica.
Trovare qualcuno in Italia che vada contro la giustizia, i giudici o i magistrati non è per nulla facile. A Milano ad esempio, Mario Caizzone ha fondato l’ “Associazione italiana vittime della Malagiustizia”. Caizzone è un combattente, lo si capisce dalla sua statura imponente e dal suo sguardo inquisitore, ma anche dagli atti del suo processo. Caizzone è un commercialista, che nel corso della sua attività di consulente fiscale si è scontrato con la guardia di finanza, la quale durante un accertamento fiscale ad una delle società da lui seguite, avanzò una richiesta in denaro. Caizzone venne sottoposto ad un lungo processo con l’accusa di diffamazione per avere denunciato il fatto. “La procedura si aprì nel 1994. Nel 1998 chiesi di essere sottoposto al processo. Avevo diritto ad una procedura senza udienza preliminare e ne feci ufficiale richiesta nel periodo di Natale del 1994. Il processo è iniziato nel 2005. Dopo il primo grado di giudizio, dopo circa 20 anni, il tutto è caduto in prescrizione. Non avendo io però alcuna responsabilità ho rinunciato alla prescrizione; ciò nonostante, il tutto è durato 22 anni.
Ho perso tutto
La questione si è conclusa soltanto all’inizio di quest’anno con una assoluzione completa. Caizzone ne è fiero, ma in tutti questi anni ha dovuto investire migliaia di Euro per pagare gli avvocati per sostenere 5 processi, non ha potuto lavorare per anni, la sua vita è stata distrutta pur essendo lui palesemente innocente. Mario Caizzone: “Ho perso il lavoro. Avevo uffici a Milano e Roma, li ho persi. Ho dovuto chiudere. Sono stato quattro mesi ai domiciliari, senza motivo. Ho perso gli amici. Ho resistito per 20 anni solo grazie alla famiglia, che mi ha generosamente sostenuto.. Altri non ce l’avrebbero fatta. Il giorno del rinvio a giudizio, i clienti mi hanno lasciato ed ho dovuto licenziare i miei collaboratori. Mi hanno distrutto la vita”. Caizzone può comprendere perfettamente Silvio Berlusconi e le sue plateali esternazioni sulla giustizia italiana, pur imputandogli il fatto di non aver cercato di migliorarla quando ne ebbe la possibilità in qualità di Presidente del Consiglio. Il fatto che la Giustizia italiana sia tutt’altro che efficiente non lo dice soltanto Caizzone ma anche uno studio del Consiglio d’Europa che ha preso in esame la situazione in 40 paesi. In nessun paese d’Europa la procedura di dichiarazione di fallimento dura così a lungo, in media 2,648 giorni, ovvero circa 7,5 anni. Può succedere che aziende che attendono questi soldi dai debitori falliscano a loro volta.
Per arrivare al giudizio di un processo penale passano in media 4 anni e 9 mesi . Queste cifre sono ben note all’Associazione Vittime della Malagiustizia di Milano a cui si sono già rivolti più di 1000 soggetti disperati, che si sentono a tutti gli effetti vittime della giustizia. Mario Caizzone “Il sistema giuridico italiano funziona solo per chi è benestante e si può quindi permettere un buon avvocato. Chi non può è un debole. Il sistema è forte contro i deboli e debole con i potenti”
Infestazione di Ratti in corte d’appello
In una città del nord incontriamo Maria, una giovane giudice penale. In realtà ha un altro nome e non vuole nemmeno dire dove lavora. Per di più, ha anche a che fare con la criminalità organizzata, quindi con la Mafia. Ha molto da fare. Poco tempo fa si è saputo della condizione dei suoi colleghi in Corte d’Appello a Roma; il Palazzo è infestato da ratti ed inoltre, l’acqua è inquinata dalla legionella. Anche in questo modo si può far tacere la giustizia. Maria “ le cose vanno meglio al Nord, ma l’esempio dimostra come si possa intasare la giustizia italiana”. Maria, giudice “in ogni società dove si svolga un lavoro intellettuale, si possono delegare i lavori di ricerca ai collaboratori. I giudici italiani non possono. Se un giudice deve approfondire un tema giuridico o ricercare norme complesse non può delegare a nessuno e deve farlo da solo. Non ci sono impiegati che ti possano aiutare, i giudici devono persino prendersi gli atti da soli”. Il lavoro che aspetta Maria è spaventoso: secondo gli studi del Consiglio d’ Europa alla fine del 2012 c’erano 4.650.000 cause civili ancora aperte e 1,5 Milioni di procedimento penali non erano ancora conclusi. Maria, giudice: “a mio avviso, uno dei problemi è la sproporzione tra la richiesta di giudizi e l’offerta. Questo è un problema di sistema. Ci sono certamente differenze tra giudizi civili e penali. Sicuramente vi sono numerose controversie che non trovano altra soluzione se non nel processo come valvola di sfogo.
Se la pena è troppo lieve l’opinione pubblica grida allo scandalo
Quando un caso cade in prescrizione, dopo un processo eterno ed alla fine nessuno è colpevole oppure quando una pena viene considerata troppo lieve, si scatena lo sdegno dell’opinione pubblica che grida allo scandalo. A Palermo, in Sicilia, le cose possono andare anche diversamente. Dopo le minacce di morte ai procuratori antimafia è stata fondata una associazione “Scorta Civica”. Lo scopo è quello di dimostrare che vi sono cittadini che desiderano una giustizia forte e vogliono sostenere in modo visibile i rappresentanti di questa giustizia; cercano quindi di essere sempre presenti durante le loro apparizioni in modo tale che non siano soli. Questo è accaduto recentemente con Nino di Matteo. Linda Grasso è quasi sempre presente. Vi sono stati tentativi di intimidazione nei confronti di Scorta Civica, segno concreto del fatto che ci si muove su un terreno pericoloso; Linda Grasso e gli aderenti a Scorta Civica non si lasciano intimorire. Linda Grasso: “noi ci saremo! Non molliamo! Ci siamo e ci saremo sempre”. Ne ha viste troppe Linda Grasso per poter avere fiducia nella giustizia italiana e cerca quindi di sostenere quelli che cercano di trarre il meglio da questo sistema malato. L’Italia è ancora uno stato di diritto? Linda Grasso: “in teoria, si.! Siamo stati ceduti alla Mafia; tutti hanno potere su di noi, tranne quelli che dovrebbero detenerlo. Nel bunker dell’aula di giustizia di Palermo, lo stato cerca di identificare gli intrecci tra stato e mafia. Poco tempo fa, fu chiamato a deporre anche l’anziano Presidente della Repubblica, onorevole Napolitano. Nino di Matteo lo ha fermamente voluto ed è stato per questo di nuovo ferocemente attaccato. Forse tra un anno ci sarà un giudizio, forse ci vorrà più tempo e sicuramente ci sarà una nuova istanza che potrebbe ribaltare di nuovo il tutto. Al processo, dalle loro prigioni, si attivano i boss della mafia, quegli stessi che dalle carceri trasmettono ancora condanne a morte. I testimoni vengono discreditati ed il processo viene bloccato da fantasiose istanze. Questo processo, in cui lo stato cita se stesso al banco degli imputati, è simbolico della giustizia italiana. E poi c’e Nino di Matteo, il procuratore; lui con il suo team sono il simbolo della speranza. Una speranza che vede l’Italia ancora come uno stato di diritto. Nino di Matteo: “ molti cittadini desiderano davvero un sistema giudiziario veloce ed efficiente, che non debba prendere nessuno in considerazione, ma che tratti tutti i cittadini allo stesso modo, così come prevede la nostra Costituzione. La politica e la legislazione non hanno però ancora fatto tutto il possibile perché il diritto fondamentale all’uguaglianza sia portato davanti alla legge. Sogno che la nostra costituzione, che ritengo essere la migliore al mondo, possa essere non tanto riformata quanto applicata.”
La mafistratura è la longa manus del regime clerical fascista mafioso pluto-gerontocratico di un paese culturalmente involuto con un “popolaccio” (V. DISCORSO SOPRA LO STATO PRESENTE DEI COSTUMI DEGL’ITALIANI, Giacomo Leopardi, 1824, pubblicato nel 1906) servo costituzionalmente fatto d’individui che si credono furbi.
La furberia è il contrario dell’intelligenza e dunque, guardare la punta del naso e il fondo delle tasche porta alla corruzione, alla collusione e alla connivenza.
Totò u curtu, il capo dei capi è a Opera e s’accontenta del cibo e dell’alloggio, altri sono all’opera ben stipendiati e ben imboscati.
Totò da mafioso ha parlato, i non mafiosi tacciono.
“Here, laws or facts are like playing cards: you simply have to shuffle them and fan them ou to suit yourself”, THE DARK HEART OF ITALY, Tobias Jones.