Chi si occupa veramente della riforma del processo penale?
Dal Corriere della Sera del 17 Luglio 2016. Articolo di Luigi Ferrarella:
Magistrati e avvocati guardino dietro il sipario
«Non possiamo imporre di essere ascoltati in audizione, ma ci pare uno sgarbo non essere stati ascoltati, perché chi vive la macchina giudiziaria dall’interno la conosce perfettamente», ha lamentato ieri il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo a proposito dell’iter parlamentare del disegno di legge di riforma del processo penale (per la verità frutto anche di una Commissione ministeriale ampiamente nutrita di magistrati quanto di avvocati e professori), e il segretario Francesco Minisci ha rincarato: «All’Anm non è stato chiesto neanche un parere in forma scritta su una riforma definita epocale, che per alcune norme può paralizzare le Procure».
Il bello è che gli avvocati delle Camere Penali storicamente protestano per l’esatto contrario, cioè perché sempre e solo i magistrati verrebbero ascoltati; perché monopolizzerebbero i ministeri negli uffici legislativi e di gabinetto; e perché — con il diplomatico commento dei ministro alla recente formazione in seno all’Anm di 14 commissioni permanenti di studio — si sarebbe riconosciuto a un’indebita consultazione obbligatoria con la magistratura associata il potere di veto sulle leggi non gradite. A giudicare dalla qualità delle norme che vengono poi approvate, per la verità, il duello sembra un «derby» tra poveri: che sul palcoscenico si scornano, e invece farebbero meglio a guardare dietro il sipario dove sembrano essere altre «mani» meno visibili a orientare davvero i testi normativi. Nei quali, a volte e per caso, soltanto la forzatura magari di un emendamento a cui slitta la frizione tradisce l’impronta (ben più marcata di quelle di magistrati e avvocati) di qualche associazione imprenditoriale, o di mutevoli staff di «consiglieri» dal gassoso inquadramento governativo, o di compromessi parlamentari al ribasso tra segmenti di partiti seduti a collaterali tavoli politici.
Penso che si debba uscire dalla logica della pantomima del contrasto tra avvocati e magistrati. e mettiamoci anche i notai, che però sono in una botte di ferro , nella loro duplice posizione di pubblici ufficiali e di liberi professionisti, con organico bloccato e tariffe molto alte. Si tratta di un corpo con tre teste, che magari al proprio interno discuterà per l’attribuzione della fetta più grande della torta (di potere, più che di denaro), ma è decisissimo nell’escludere i cittadini da un qualsivoglia ruolo nell’amministrazione della giustizia. Un confronto:in Svezia, qualsiasi cittadino può presentarsi personalmente anche dinanzi alla corte suprema, e paga solo l’equivalente di quaranta (dico solo quaranta) Euro di spese. In Italia invece si pongono continue preclusioni alle azioni e alle impugnazioni, persino laddove, come nelle querele di falso, nelle ricusazioni e nelle procedure esecutive i cittadini possono agire personalmente. Le spese aumentano continuamente, anche per semplici fotocopie, e persino la richiesta di informazioni sui propri procedimenti passa per farraginose forche caudine. Se le sentenze sono pronunciate “in nome del popolo italiano”, i cittadini devono poter intervenire direttamente nell’amministrazione della giustizia, e detrarre fiscalmente le spese legali. e si potrebbe anche aggiungere che i procedimenti disciplinari e penali nei confronti degli operatori del diritto devono essere pubblici (negli USA, l’esame di tre giorni che il Senato fa di ogni candidato a Giudice della Corte Suprema, è trasmesso in TV).Le tre categorie di operatori del diritto, ottimamente rappresentate in Parlamento, si aiutano tra loro. Ad esempio, non è scritto da nessuna parte che l’avvocato che lavora PER SE STESSO DEBBA ESSERE PAGATO, E L’A.23 DELLA cOSTITUZIONE ESPRESSAMENTE LO VIETA. Ebbene la magistratura, anche in Cassazione, ha sentenziato che ciò è lecito, anzi se nel corso di un procedimento vi è una successione tra tariffari, bisogna applicare il più recente anche per le attività ad esso precedenti. Per non parlare della percentuale forfettaria del 15 % , più IVA, non giustificata da alcuna attività, e gli avvocati sono l’unica categoria di professionisti ad avere tale assurdo privilegio. La Mafia è più onesta: sugli appalti chiede solo il tre %. Luciano Lo Iacono Movimento popolare per la giustizia roma