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Il Caso Caccia: Un Vizio Di Forma Ferma Il Processo

Errore in Procura a Milano, azzerato il processo per l’omicidio Caccia. Il pubblico ministero: l’imputato va scarcerato. L’archiviazione, avvenuta nel 2001, era sconosciuta.

Dal Corriere della Sera del 27/11/2016, articolo di Luigi Ferrarella

Un errore azzera il processo per l’omicidio di ‘ndrangheta nel 1983 del procuratore di Torino, Bruno Caccia: l’annotazione nei registri della Procura di Milano di un’archiviazione 15 anni fa dell’attuale imputato Rocco Schirripa, per errore sconosciuta sino a ieri alla stessa Procura che un anno fa lo aveva fatto arrestare in forza di intercettazioni captate nel 2015 ma senza aver prima chiesto al gip la necessaria riapertura appunto di quell’indagine archiviata nel 2001, può ora spalancare le porte del carcere a Schirripa, e di sicuro fa retrocedere alla fase delle indagini preliminari il processo in corso al presunto esecutore materiale del delitto. Appena emersa la circostanza, infatti, il pm Marcello Tatangelo (con la controfirma del capo del pool antimafia Ilda Boccassini e d’intesa con il procuratore Francesco Greco) ha scelto la via della trasparenza, ha portato alla luce la situazione, e ha conseguentemente chiesto alla Corte d’assise (che deciderà prima della prossima udienza di mercoledì) la revoca della custodia cautelare per l’imputato.

Il «passato» si prende così la rivincita sul «futuro». Il «futuro», cioè le intercettazioni tramite virus informatici inoculati nel 2015 negli smartphone dei sospettati indotti a rivangare il passato da una finta lettera anonima spedita in realtà dalla polizia, il 22 dicembre 2015 aveva infatti riafferrato il «passato», e cioè appunto la possibile identificazione di Schirripa — a distanza di ben 32 anni — come il killer sempre mancante alla ricostruzione del delitto, per il quale già nel 1993 come mandante era stato condannato in via definitiva il capoclan di ‘ndrangheta Domenico Belfiore. Ma adesso il «passato», sotto forma di un ignorato registro di archiviazione del 2 febbraio 2001, riafferra il «futuro» e come in una bolgia di pallanuoto lo tira giù sotto la linea di galleggiamento: perché produce un vizio formale che affonda sia l’arresto di Schirripa sia l’attuale processo, ipotecandone l’eventuale riavvio con l’inutilizzabilità quantomeno della parte di intercettazioni successive alla nuova iscrizione di Schirripa nel registro degli indagati il 25 novembre 2015. Giorni fa l’avvocato di parte civile della famiglia Caccia, Fabio Repici, presenta istanza per sapere se un precedente fascicolo sia esistito davvero, dopo che in aula un teste aveva accennato, su una circostanza peraltro ininfluente, di essere stato già ascoltato a Milano nel 1996.

Non è così, ma, nel cercare, la Procura si accorge di un ben maggiore problema: all’inizio dell’indagine attuale, quando si fecero le iniziali verifiche di routine sui registri dei modelli 45 (atti non costituenti notizie di reato) e dei modelli 21 (persone indagate), o un errore di consultazione o un difetto di archivi fecero sì che non ci si accorgesse che nel 1996 la Procura di Torino aveva trasmesso a Milano un modello 45 (senza indagati) con le dichiarazioni di quel teste; e che l’allora pm del pool antimafia milanese Giovanbattista Rollero aveva correttamente proceduto a iscrivere a modello 21 i potenziali indiziati, per poi chiedere l’archiviazione di Schirripa per la debolezza allora degli elementi. Nel 2015 la Procura di Milano, erroneamente mancando di questa informazione, avvia la nuova indagine senza prima chiedere la riapertura della vecchia archiviata. «Un inconcepibile errore», lo definisce Repici, che parla di «oltraggio» alla memoria di Caccia e prefigura «ferali conseguenze» sul processo.

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