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Bambino travolto da un'auto, dopo 33 anni ancora nessuna sentenza | aivm.it

Un altro caso di Malagiustizia che ha come protagonista l’infinita lunghezza dei procedimenti giudiziari nel nostro Paese.

Una vera e propria Odissea quella che vede coinvolti i familiari del piccolo Angelo, 3 anni, morto investito da una vettura pirata nel 1984.

Dopo 33 anni la famiglia è ancora in attesa di una sentenza definitiva e del risarcimento.

Era il 4 maggio 1984 quando il piccolo Angelo giocava sul marciapiede nei pressi della sua abitazione, sulla strada provinciale Taurianova-Rosarno (RC), una delle tante strade della Calabria costruite senza rispettare alcuna norma di sicurezza.

All’improvviso sbuca un’autovettura, una Fiat 125, che viaggiando a una velocità superiore ai limiti consentiti, travolge il bambino scaraventandolo a 10 metri di distanza e lasciandolo senza vita.

In seguito alla tragedia viene avviato un procedimento penale nei confronti del conducente, nel corso del quale non solo non viene svolto un corretto contraddittorio con la partecipazione di tutte le parti lese, ma emergono anche numerose lacune  per quanto riguarda la ricostruzione del fatto. Ciò nonostante il conducente viene assolto perché “il fatto non costituisce reato”.

Nell’ottobre del 1985 prende avvio anche un procedimento civile per ottenere il risarcimento dei danni. Passano undici anni per la prima sentenza, che nel 1996 quantifica il risarcimento del danno in  lire 80.000.000, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, con condanna dei convenuti alle spese di giudizio.

La sentenza, appellata dal conducente, viene dichiarata nulla dalla Corte d’Appello nel 1997 e così gli atti vengono rimessi in primo grado.

Ha quindi inizio un’infinita sequela di udienze, la prima nel 2002, poi nel 20072008 e nel 2015. Nel 2015 e nel 2016 si hanno ulteriori rinvii, fino ad arrivare a febbraio 2017.

Durante questo continuo susseguirsi di udienze, nel 2008 muore il padre del piccolo Angelo, provato dalla terribile esperienza di perdere un figlio in tenera età, aspettando una sentenza che non è mai arrivata.

Nel 2010 la famiglia del bambino denuncia l’eccessiva durata del processo presso la Corte di Appello di Catanzaro. Il tribunale riconosce l’immotivato ritardo e liquida come indennizzo alla madre una somma pari a €13.000 e a ciascuno dei fratelli del piccolo €1.500.

Il Ministero della Giustizia non ha mai provveduto al pagamento delle somme indicate. Gli appellanti sono costretti a rivolgersi al Tar della Calabria per la nomina di un Commissario ad acta per la liquidazione degli importi dovuti.

L’ultimo rinvio, quello del 2016, ha effetti devastanti sull’anziana e malata madre e sui fratelli, che speravano di poter chiudere questa triste storia che ha colpito la loro famiglia e che ad ogni udienza riapre il dolore e le profonde ferite.

La famiglia è ancora in attesa di una sentenza, dopo ben 33 anni.

33 anni di attese, di frustrazione e disperazione. Udienze e rinvii non fanno altro che accrescere l’angoscia dei familiari del piccolo Angelo, che aspettano impotenti. Una famiglia che vuole solamente ricordare il loro piccolo in pace, unica forma di giustizia che può rimanere dopo una tale tragedia.

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