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Il Comune Sbaglia E Paga Per Il Figlio Allontanato Dalla Famiglia

Il Comune risarcisce la famiglia per l’ingiusto allontanamento del figlio.

Dal Sole 24 Ore del 17 ottobre 2015. Articolo di Patrizia Maciocchi

“Il Comune non viene però condannato a risarcire per l’atto illegittimo, ma paga per la negligenza dei suoi dipendenti.”

Cassazione. Risarcimento per gli assistenti sociali inadeguati

Figlio tolto ingiustamente, il Comune paga i genitori

Il Comune risarcisce la famiglia per l’ingiusto allontanamento del figlio. La Corte di Cassazione (sentenza 20928) considera l’ente locale responsabile per l’incapacità e l’inadeguatezza dei suoi assistenti sociali che avevano, in maniera del tutto acritica, recepito i dubbi della maestra su presunte violenze sessuali commesse dal padre sulla figlia di sei anni. Un sospetto considerato un pericolo tanto reale da sollecitare il sindaco ad adottare un provvedimento di allontanamento della bambina dai genitori e dal fratellino. Misura adottata dal primo cittadino e ratificata dal Tribunale dei minori. Quando le indagini si erano però fatte serie, e in campo erano scesi consulenti tecnici e psicologi del tribunale, il castello di accuse messo in piedi dall’insegnante era crollato: nei sei mesi in cui la piccola aveva vissuto lontano da casa non erano emersi elementi compatibili con le supposte molestie. Il tribunale aveva disposto il rientro in famiglia con il supporto di un centro specializzato, tutela poi abbandonata. Per la Cassazione è chiaro che il drastico provvedimento era il risultato dell’imperizia degli assistenti sociali.

Un’inadeguatezza a gestire la situazione, rilevata non solo dal Ctu, ma “suggerita” dalla difesa del Comune. Con un autogol, infatti, il dito era stato puntato contro la maestra colpevole di aver suggestionato l’assistente sociale e la psicologa, presentate come vittime dell’insegnante. Per i giudici l’ammissione, involontaria, del Comune è la prova del deficit di professionalità degli operatori, incapaci di verificare l’affidabilità di una maestra che aveva messo in atto un comportamento inaccettabile, trasformandosi in detective improvvisata per condurre una personale e discutibile inchiesta.

Nella vicenda esaminata nessuno aveva fatto il passo giusto: quello di comunicare immediatamente i sospetti alla polizia giudiziaria o il pubblico ministero. Non lo aveva fatto l’insegnante e, soprattutto, non lo avevano fatto gli assistenti sociali, che avevano richiesto al sindaco un atto tanto traumatico senza aver acquisito alcun documento che giustificasse l’allarme. Il sindaco dal canto suo aveva adottato un provvedimento illegittimo, perché il potere del primo cittadino di intervenire direttamente in ambiente familiare è limitato (articolo 403 del Codice civile) ai casi di abbandono morale e materiale e dunque a situazioni di disagio palesi. Mentre l’autorità amministrativa non può fare indagini o istruttorie su vicende delicate e complesse, rispetto alle quali la sola strada è la segnalazione alle autorità. Il Comune non viene però condannato a risarcire per l’atto illegittimo, ma paga per la negligenza dei suoi dipendenti. Nel conto entrano anche le sofferenze subite dal fratello della bimba, al quale viene riconosciuto un indennizzo di 50 mila euro, mentre 60 mila vanno alla bambina, per un trauma che potrebbe segnare l’intera vita.

Patrizia Maciocchi

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