Ecco A Cosa è Dovuta La Lentezza Dei Processi In Italia

Il presidente della Repubblica ha toccato la piaga della lentezza dei processi, il Csm ha presentato una proposta di autoriforma.

Articolo da Avvenire del 19 giugno 2015, di Paolo Lambruschi.

Lentezza dei processi in Italia, ecco come si fa sentire l’AIVM

ECCO CHE COSA RALLENTA I PROCESSI IN ITALIA

Paiono giorni importanti per la riforma della Giustizia. Il Presidente della Repubblica ha toccato la piaga della lentezza dei processi, il Csm ha presentato una proposta di autoriforma. Fa sentire la sua voce l’Associazione italiana vittime di malagiustizia, da anni interessata ad assistere gratuitamente le persone la cui vita è stata segnata da errori giudiziari, attraverso il presidente Mario Caizzone.

Caizzone, come valuta le dichiarazioni del Capo dello Stato?

Accogliamo positivamente le parole di Mattarella sulla velocizzazione dei processi ma, sommessamente, precisiamo che velocizzare i processi in Italia è un’utopia.

Perché?

Finché non si snelliranno le procedure con semplificazioni sostanziali e non formali, il problema della velocità dei processi sarà la palla al piede della giustizia italiana.

In quale percentuale la lentezza di una causa incide sulla malagiustizia?

Almeno per il 50%. Per l’altra metà la negatività è da ricollegare alla superficialità e all’ approssimazione che, in molti casi, caratterizzano l’esercizio dell’azione giudiziaria.

E quanto penalizza invece lo sviluppo economico?

Giustizia ed economia vanno a braccetto. Secondo la nostra associazione, la ripresa economica è subordinata a una riforma seria e globale della giustizia; non ci sarà ripresa, nonostante i provvedimenti in materia di economia, finché avremo una giustizia che non funziona (i ritardi scoraggiano gli investitori) e che condiziona pesantemente il potere legislativo ed amministrativo.

Cosa rallenta i processi?

Diversi fattori. Parliamo ad esempio di un aspetto poco considerato: quei magistrati che hanno spesso un doppio incarico.

Siamo l’unico Paese europeo dove un soggetto può esercitare più giurisdizioni; basti pensare alla magistratura tributaria, occupata e ormai (vedi l’ultimo concorso per giudice tributario) riservata a magistrati ordinari che inevitabilmente dovranno trascurare una delle due funzioni, visto l’elevato carico di ciascuna giurisdizione. A riprova che sono gli stessi magistrati a governare la giustizia, il Consiglio

nazionale dell’economia e del lavoro, organo istituzionale, nella sua proposta di legge del marzo 2013, parlando della riqualificazione dei giudici tributari, vietava categoricamente la contemporanea appartenenza del giudice ordinario alle commissioni tributarie.

Tutto questo, però, nella legge delega del 11 marzo 2014 è stato eliminato e ciò significa che, ancora una volta, la magistratura è stata molto benevola nei confronti degli appartenenti, assicurando la possibilità di un secondo lavoro.

Secondo il ministero della Giustizia, la riforma del processo civile ha ridotto del 20% le cause…

Non mi pare ci sia stata una riforma, a meno che non si vogliano fare intendere per riforma alcuni ritocchi procedurali e l’introduzione di nuovi istituti quali la “negoziazione assistita”, le “separazioni abbreviate e semplificate”, la “riduzione delle ferie” dei magistrati.

In ogni caso, le novità, essendo recenti, non possono avere inciso sul carico  delle cause – almeno non nella percentuale diffusa dal ministero. È più probabile che sulla diminuzione abbia inciso la “mediazione civile e commerciale”, nonostante la contrarietà di molta parte dell’avvocatura a questo metodo alternativo, che nel resto dell’Europa, in assenza di resistenze, ha avuto un notevole impulso.

Quanto influisce la malagiustizia sulla nuova povertà?

Giustizia e politica oggi non hanno tempi compatibili con l’aumento dei disoccupati, delle separazioni, dei giovani esclusi dal lavoro, dei nuovi poveri. Questi ultimi sono spesso persone colpite da provvedimenti giudiziari discutibili, magari per inadempienze di natura fiscale. Hanno perso tutto e sono costretti a lavorare in modo clandestino.

Come deve ancora cambiare la difesa d’ufficio per tutelare i poveri?

Il primo aspetto che avrebbe dovuto essere preso in considerazione dalla riforma è l’istituto del patrocinio a spese dello Stato. Occorre una revisione del limite di reddito: secondo noi, va aumentato a 15 mila euro e la soglia, in sede penale, va aumentata a 3 mila euro per ogni figlio a carico. Il parametro di riferimento dovrebbe essere l’effettiva capacità di spesa del soggetto, in modo da farvi rientrare tutte quelle situazioni (la stragrande maggioranza dei casi) dove, a fronte di un reddito dichiarato superiore alla soglia, il soggetto deve affrontare  spese fisse di sopravvivenza.

Occorre poi dar vita ad un organo istituzionale terzo che, oltre a decidere sull’ ammissione al patrocinio, dovrà emettere un giudizio di congruità sull’ attività svolta dal difensore.

Paolo Lambruschi

Fa sentire la sua voce l’Associazione italiana vittime di malagiustizia, da anni interessata ad assistere gratuitamente le persone la cui vita è stata segnata da errori giudiziari, attraverso il presidente Mario Caizzone.

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