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Tutti Al Derby Tra Malapolitica E Malagiustizia

Dal blog del giornalista Oliviero Beha, una riflessione sulla tensione tra giustizia e politica.
Confesso che nel pomeriggio del 25 aprile ho avuto un brivido: non era per il gol della Roma bensì per un titolo di un importante giornale web che alla lettera citava Mattarella: “È sempre tempo di Resistenza. Un filo lega la Liberazione al Referendum”. Perbacco, mi son detto, questo sì che è un presidente, sta già pensando al referendum di ottobre sulla riforma istituzionale, leggasi il pasticcio del Senato rimodellato ovvero il plebiscito indetto da Renzi su se stesso, e deve aver cambiato idea. Non lo aveva benedetto mesi fa come il segno di un cambiamento “dinamico”? Poi leggendo l’articolo ho visto che si riferiva al referendum del ’46 e che il destino cinico e baro della ristrettezza grafica era responsabile di un’illusione. Come pure è stata un’illusione che con il restringimento del Caimano nel bioparco si sedasse un poco lo scontro tra politica e giustizia: macché, ci risiamo con Renzi e i suoi, con modalità analoghe anche se filosoficamente si tratta di “nani sulle spalle di giganti”, e la gravità sta nella coazione a ripetere. Forse non è inutile ricordare che il derby tra il berlusconismo (vent’anni di Berlusconi comprensivi anche di molti dei suoi oppositori di facciata) e la “magistratura rossa” ha occultato un penoso deficit di giustizia nel nostro Paese, ricordato dalla Corte di Giustizia europea che ci bacchetta continuamente.

Sto parlando del funzionamento dell’apparato giudiziario, quello cui si riferisce Gratteri non a caso saltato dal ministero competente in extremis proprio perché troppo competente e “politico” solo nel senso migliore del termine, di persona attenta alle esigenze della polis. Che sia penale, civile o amministrativa, sappiamo tutti in che condizioni comatose per lo più è. Dobbiamo raccontare di nuovo i suk che sono corridoi e stanze di molti palazzi di giustizia, specie nel centro-sud? Oppure la lentezza delle cause che sposa naturalmente (nel senso di ovviamente ma anche della natura della specie…) l’effetto prescrizione così coccolato dal legislatore parlamentare, succubo del governo? Ma l’impressione è che nel conflitto rigonfiato tra politica e magistratura dopo l’uscita di Davigo l’intento sia quello di stendere una cortina nebbiosa sullo stato dell’una e dell’altra. In un Paese neppure civile, ma anche solo non del tutto imbarbarito, il problema di fondo dovrebbero essere la mala politica e la malagiustizia: la prima perché in buona parte ruba, si fa corrompere, corrompe ed è incapace di amministrare, la seconda non perché colpisca la prima se commette reati (e le cronache magari per difetto sono quasi costrette a parlarne quotidianamente) bensì perché troppo spesso non funziona, o risente di vizi che rimprovera alla politica.

Il punto è come sempre da dove cominciare: è la politica che deve mettere legislativamente e normativamente la magistratura in condizioni di operare il meglio e il più velocemente possibile non guardando in faccia a nessuno e applicando la legge, o è la magistratura che ci deve difendere dalla politica che non agisce in questa direzione per difendere se stessa? Sembra uno scherzetto da “prima l’uovo o la gallina”, in realtà avrebbe bisogno di una forte consapevolezza degli uni e degli altri, a partire da un esame di categoria su se stessi. Ma la politica non è mai stata così vuota, e la giustizia mai così male in arnese e fraintesa, spesso ad arte. Dal basso, poi, non c’è alcuna pressione da parte della coscienza popolare, tanto sonnacchiosa da parere dissolta e disponibile ad aprire gli occhi in questo malsano derby solo per un momento per schierarsi in base a una trita idea di destra e sinistra. Tifosa, come nel calcio. Appunto…

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