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Caporalato e Mafia Uccidono La Frutta di Scanzano | aivm.it

Sull’edizione odierna del quotidiano Avvenire, Paolo Lambruschi denuncia la difficile situazione dei lavoratori agricoli a Scanzano Jonico, tra caporalato, incendi e minacce ambientali.

Da “Avvenire” del 28/03/2019, a cura di Paolo Lambruschi.

Un miracolo ha evitato una strage la notte tra il 12 e il 13 febbraio scorso nell’azienda agricola a conduzione familiare De Pascalis di Scanzano Jonico, che produce dal 1990 fragole, frutta e ortaggi.

“C’era tempesta di vento – racconta Rossana De Pascalis – e qualcuno ha appiccato le fiamme dietro il magazzino. Noi abitiamo a fianco e stavamo dormendo.
Per fortuna un automobilista ha visto l’incendio e ha chiamato pompieri e carabinieri.”

L’azienda ha subito un durissimo colpo: 2.000 cassette in fumo. Ma è terra di gente che si rimbocca le maniche questa “piccola California“, il Metaponto fertile con le spiagge di sabbia bianchissima, la piazza medievale con il Palazzaccio del Barone dove è stata ospitata la scena finale di “Basilicata coast to coast“, che ospita fino a stamane il 41esimo convegno delle Caritas diocesane su “Carità e cultura“.

Nonostante 200mila euro di danni non coperti da assicurazione, la De Pascalis tira avanti con i suoi 120 lavoratori tra dipendenti e stagionali.

“Abbiamo avuto solidarietà da tanta gente che si è esposta, a partire dalla parrocchia di Maria Ss Annunziata. Mi sono chiesta perchè ci abbiano colpiti – conclude Rossana -; non abbiamo mai ricevuto minacce”.

Ma si tratta dell’ultimo di una lunga serie di roghi dolosi a Scanzano, almeno 15 negli ultimi 17 anni. Con le stesse modalità ad esempio bruciò l’11 aprile 2018 l’Aprofruit, mentre il 16 aprile toccò all’Assofruit. Nessuna minaccia. Se c’è omertà è ben celata.

La parrocchia di Scanzano si è mobilitata per la legalità, ha chiesto una caserma dei carabinieri, ha tenuto desta con fiaccolate e incontri l’attenzione dell’opinione pubblica.

E poi la risposta per lavorare al Sud è la resilienza, come nel caso della Seconda Piccinini, azienda di Cesena cui nel 2007 e nel 2011 i soliti ignoti hanno bruciato il magazzino. Diversi produttori locali vi conferiscono le pregiate fragole confezionate e rivendute ai mercati e alla grande distribuzione.

“Siamo arrivati 40 anni fa – spiega l’imprenditore romagnolo Valchirio Piccinini – in una terra fertile e di gente laboriosa. Siamo cresciuti con questi produttori”.

Anche qui, sostiene, nessuna minaccia. Lo scorso 4 febbraio il gip di Potenza su richiesta della Direzione distrettuale antimafia ha arrestato 21 persone accusate di racket, tentato omicidio, incendi dolosi ad aziende ortofrutticole.

Ma l’incendio alla De Pascalis è avvenuto una settimana dopo. “Questo significa – ragiona il parroco don Antonio Polidoro – che i clan non sono stati debellati. Oppure che la ragione degli incendi non è quella”.

In attesa che i giudici si pronuncino, don Antonio, responsabile anche della Caritas di zona, lotta su molti fronti. Sul territorio pendono infatti diverse minacce.

Ad esempio il caporalato, come dimostrano gli arresti di 14 persone il 16 gennaio, dopo le indagini partite dalla denuncia presentata a maggio ai Carabinieri da un rumeno.

I lavoratori, circa 200, venivano reclutati in Romania su Facebook e, una volta in Italia, venivano loro tolti i documenti. Paga: 3,5 euro all’ora, con turni fino a 14 ore.

Dormivano in alloggi obbligati, il cui canone veniva scalato dallo stipendio.
Coinvolti caporali rumeni, alcuni imprenditori locali e due sindacalisti.

O la minaccia ambientale, con lo stoccaggio dei rifiuti nucleari che potrebbero finire nella frazione di Terzo Cavone, scelta già nel 2003 dal governo Berlusconi (il quale cambiò idea dopo 15 giorni di protesta).

La parrocchia era ed è in prima linea.
E lo è con i migranti, grazie ad un centro di accoglienza proprio nella parrocchia di Terzo Cavone, un’opera segno della diocesi di Matera Irsina per accogliere 13 ospiti nigeriani, tra cui una famiglia, 4 bambini e 4 ragazze madri passate dall’inferno libico.

Don Antonio subì una contestazione xenofoba forse orchestrata da politici locali nel gennaio 2017. Quella domenica non pronunciò l’omelia.

“Business? Ci perdo ma non li lascio in mezzo alla strada“, dice. Oggi stringe in braccio due piccoli nati qui e due bambini nati in Libia che a settembre andranno all’asilo.

Un parroco in prima linea, imprenditori che non mollano e un bracciante rumeno che denuncia i caporali.

A Scanzano, come in tanti piccoli centri italiani, sono le gambe con cui cammina in silenzio la cultura della carità.

Paolo Lambruschi

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