Una testimonianza decisiva per le sorti di un processo non viene acquisita al tempo di un incidente. Un altro caso di malagiustizia.
Nell’aprile del 2002 la comunità di X viene sconvolta quando Luca, bambino di poco più di 6 anni, a bordo di un motorino giocattolo viene travolto da un’autovettura che andava ad una velocità sostenuta. L’incidente procura all’infante una serie di gravi ferite che anche a distanza di anni si ripercuotono sulla sua salute e sul suo stato fisico.
I familiari decidono inizialmente di non sporgere denuncia, poi si convincono che sia giusto per il piccolo Luca fare una richiesta di risarcimento danni nei confronti del guidatore dell’automobile; così si apre un procedimento civile per il risarcimento.
La pretesa processuale della famiglia verso l’automobilista e l’assicurazione viene rigettata sia in primo che in secondo grado.
L’Assicurazione convenuta in giudizio si ritiene esonerata da qualsivoglia indennizzo, poiché nell’incidente non erano effettivamente coinvolti veicoli abilitati alla circolazione stradale. La Corte avvalora la posizione dell’Assicurazione.
Per quanto riguarda la responsabilità dell’automobilista, le motivazioni del rigetto trovano il loro fondamento nel verbale redatto dalle forze dell’ordine, intervenute subito dopo l’accaduto.
Emerge, infatti, da tale verbale che l’incidente era avvenuto in tarda serata, la poca luce non poteva effettivamente consentire alla donna che guidava il veicolo di vedere la figura del bambino sul motorino giocattolo, il quale peraltro non era dotato di dispositivi di illuminazione e di segnalazione.
A distanza di tanti anni la famiglia scopre l’esistenza di un testimone chiave che non si era palesato all’epoca, la cui testimonianza avrebbe potuto influenzare l’esito processuale, invertendo i criteri di attribuzione della responsabilità del sinistro.
Al momento dell’accaduto, infatti, il testimone si trovava affacciato alla finestra della propria abitazione dalla quale ha potuto vedere che l’automobilista andava ad una velocità superiore ai diligenti limiti.
La testimonianza però non poteva più essere assunta perché non acquisita nel verbale delle forze dell’ordine al tempo. Inoltre la non acquisizione di un testimonianza decisiva non può costituire un motivo per la richiesta del rimedio della revocazione delle sentenze civili passate in giudicato ai sensi del art. 395 c.p.c.
Per questi motivi, una volta sforati i termini di impugnazione ordinari e non potendosi configurare un motivo di revocazione, la pretesa del piccolo Luca rimarrà per sempre inappagata.