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Si Uccise In Carcere Da Innocente. Il Fratello: «Dopo 33 Anni Nessun Colpevole»
Una foto del giovane Aldo Scardella
Fonte Immagine: Corriere.it

Sull’edizione online del “Corriere Buone Notizie” del 22 luglio 2019, Jacopo Storni racconta il caso di Aldo Scardella, vicenda di malagiustizia di cui si è occupata Aivm.


«Sono abituato alle ingiustizie, mi sento sconfitto come uomo e come cittadino».

Con queste parole Cristiano Scardella commenta il suicidio del fratello Aldo, suicida in carcere 33 anni fa e vittima di malagiustizia.

La vicenda è quella di Aldo Scardella, 24enne studente universitario a Cagliari.

E’ il 23 dicembre 1985. Due criminali derubano il supermercato di proprietà di Giovanni Battista Pinna. Camuffati con dei passamontagna, irrompono nel negozio ed esplodono colpi d’arma da fuoco.

L’esercente muore nella sparatoria e i due malviventi scappano dal luogo del delitto attraverso una via che porta al complesso residenziale dove vive Scardella, che verrà ingiustamente incarcerato.

Lo studente fu arrestato su ordine del PM Sergio De Nicola, nonostante l’esito negativo di una perquisizione in casa sua.

Il giovane Scardella fu trovato morto per impiccagione nella sua cella il 2 luglio, dopo 185 giorni di durissima prigionia con lunghi giorni di isolamento.

«Dopo 33 anni dalla morte di mio fratello, nessuno ha pagato, non sono emerse le responsabilità degli inquirenti, non si è dato risposta concreta alla sua morte».

Cristiano trova analogie col caso Cucchi: «La vicenda di mio fratello è simile, soprattutto per quanto riguarda il mistero che aleggia sopra la sua morte, non si capisce se si è ucciso o se è stato ucciso».

L’associazione Aivm (Associazione Italiana Vittime di Malagiustizia) offre sostegno gratuito alle persone che si ritengono vittime di malagiustizia ed errori giudiziari.

In occasione dell’anniversario della morte di Scardella, ha intervistato il fratello Cristiano Scardella.

«Coloro che si occuparono della vicenda di Aldo sapevano che era innocente, perché sapevano in quale mondo era maturato il delitto del commerciante – ha detto Cristiano -.

Volevano lui come colpevole per non disturbare qualcuno che in quel momento faceva comodo».

Secondo Cristiano, quella vicenda «ha sensibilizzato l’opinione pubblica ed anche le coscienze nell’ambiente sardo: l’isolamento adesso può durare al massimo 15 giorni».

Anche il giornalista Enzo Tortora, vittima anche lui di malagiustizia, si occupò del caso e fece la sua prima uscita pubblica dopo la sua definitiva assoluzione il 23 settembre 1986, andando a rendere omaggio alla tomba di Scardella, morto due mesi e mezzo prima.

In quell’occasione, Tortora disse: «Capisco profondamente che cosa l’ha spinto a uccidersi. È stata la disperazione, il dolore per un’accusa ingiusta».

Prima del suicidio, Scardella scrisse un biglietto con su scritto: «Vi chiedo perdono, se mi trovo in questa situazione lo devo solo a me stesso, ho deciso di farla finita. Perdonatemi per i guai che ho causato. Muoio innocente».

Il caso fu chiuso soltanto nel 2002, con la condanna di Walter Camba e Adriano Peddio, facenti parte della «banda di Is Mirrionis» e già noti alle forze dell’ordine per precedenti penali.

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